Impatriati, 7 anni fuori Italia con lo stesso datore
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate. Per determinare il periodo minimo richiesto, è necessario verificare se il lavoratore continuerà a essere impiegato dallo stesso datore per cui ha lavorato all’estero.

Il periodo minimo per fruire dell’agevolazione “impatriati” si allunga a 7 anni soltanto nel caso in cui il lavoratore aveva già lavorato per la stessa società prima del suo trasferimento all’estero.
Questa interpretazione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 41 del 20 febbraio. In essa, un cittadino italiano che ha lavorato in Italia per due aziende diverse tra il 2015 e il 2018 si è trasferito in Francia nel 2018. Intendendo rientrare in Italia a gennaio 2025 per lavorare nuovamente presso la società per cui aveva prestato servizio nel periodo 2015-2016, potrà beneficiare del nuovo regime fiscale agevolato per i lavoratori impatriati. In questo caso, il requisito minimo di permanenza all’estero sarà di 6 anni invece di 7, poiché la normativa prevede un periodo più lungo solo se il datore di lavoro rimane invariato al momento del rientro.
L’Agenzia ha sottolineato che, nel caso in cui il lavoratore sia impiegato presso lo stesso datore di lavoro (stessa società o gruppo) sia durante il periodo all’estero che dopo il rientro in Italia, il requisito minimo di permanenza all’estero passa da tre a sei o sette anni. La durata specifica dipende dal fatto che il datore di lavoro al rientro coincida o meno con quello per cui il lavoratore era impiegato in Italia prima del trasferimento all’estero.
Per determinare il periodo minimo richiesto, è necessario verificare se il lavoratore continuerà a essere impiegato dallo stesso datore per cui ha lavorato all’estero e se tale datore coincide con quello presso cui era occupato nell’anno fiscale precedente alla partenza o fino al momento del trasferimento all’estero.